Biografia
Ōki Izumi
Nata a Tokyo, Ōki Izumi si è laureata in letteratura giapponese antica all’Università Waseda di Tokyo. Ha studiato pittura e scultura con Aiko Miyawaki, Taku Iwasaki e Yoshishige Saito. Ottenuta nel 1977 una borsa di studio per la scultura dal Governo Italiano si diploma nel 1981 all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel corso di scultura.
Ha partecipato con sue opere e installazioni a numerose mostre personali e collettive in Italia, in Giappone e in altri paesi ; alla Biennale di Venezia nel 1985(Progetto Venezia, III mostra internazionale di Architettura) e nel 1986(Arte e Biologia, XLII Biennale internazionale di Arti Visive); alla Triennale di Milano nel 1983(Alle radici del sole); nel 1992 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma(Giappone-Italia, giovani generazioni), nel 1997, 1998 e 2010 all’Istituto Giapponese di Cultura a Roma. Nel 2007 una mostra antologica al Museo civico di Lubiana (Slovenia). Nel 2014 una mostra personale (Stratificazioni) al Museo di Santa Giulia a Brescia e una mostra (Arte del vetro oggi in Italia) alla Villa Necchi Campiglio a Milano. Nel 2017 una mostra personale al Museo d’arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova.
Nel 2020 una mostra (Biennale Light Art 2020) alla Casa del Mantegna a Mantova.
Vive e lavora a Milano.
Opere realizzate principalmente in lastre di vetro industriale, un materiale che possiede la doppia qualità della trasparenza e della riflessione. Ciò induce ad accentuare l’osservazione superando la semplice percezione retinica e al tempo stesso invita all’introspezione, aprendo un proprio spazio-tempo. Le sempre mutevoli condizioni della luce che animano l’opera sono di continuo stimolo a farla interagire con le altrettanto diverse e variabili conoscenze ed esperienze di chi osserva.
Con un solo apparente paradosso, il materiale stesso, freddo e di produzione industriale, nelle mani dell’artista invita alla meditazione. Un effetto particolarmente intenso nelle grandi installazioni che suscitano un’esperienza non soltanto visiva in cui i riflessi dell’opera si traducono in riflessività interiore.